Guido Ortona
Sulla questione della scelta del sistema elettorale c’è molta ignoranza. Nell’avviare un dibattito su questo argomento è quindi opportuno ricordare alcuni fatti, onde evitare eventuali interventi basati su una conoscenza inadeguata dei medesimi. Non si offendano gli autori ed i lettori: decenni di disinformazione hanno fatto sì che su questo tema anche persone colte ed attente, ma inevitabilmente informate solo dai mezzi di comunicazione di massa, accettino per vere delle nozioni che vere non sono.
Tuttavia, il concetto di “fatto” è opinabile. Un ovvio trucco dialettico consiste nell’affermare come “fatto” qualcosa che tale non è; e altrettanto ovvio è il trucco opposto, negare che un fatto sia tale. Non solo: è possibile che qualcosa che può essere ritenuto in buona fede un “fatto” si riveli non esserlo una volta che siano disponibili nuovi dati. Per esempio era un “fatto” che le malattie infettive derivassero dai cosidetti miasmi, fino a quando non furono scoperti i batteri.
Nei punti che seguono cercheremo quindi di attestare il grado di “fattità” di ciò che scriviamo; anche perché è possibile che qualcuno di essi risulti sorprendente, e quindi sarà necessario un riferimento a una o più fonti valide. Solo in alcuni casi ciò che verrà scritto sarà un’opinione, e in tal caso verrà detto.
1. La scelta del sistema elettorale è un problema importante, ma può benissimo non essere il problema più importante. Oggi in Italia il problema più importante è quello della crisi. E’ sbagliato che i politici sottraggano tempo ed energia alla lotta contro di essa, e ciò può benissimo essere dovuto alla volontà di distogliere l’opinione pubblica dall’incapacità o dalla mancanza di volontà delle forze di governo di affrontare la crisi. Questa è un’opinione, basata però su una enorme evidenza storica: molto spesso governi in difficoltà hanno cercato di acquistare consenso affrontando problemi meno importanti ma più facilmente risolvibili.
2. La differenza fondamentale fra sistema maggioritario e sistema proporzionale consiste nei presupposti della rappresentanza. Un sistema maggioritario è più indicato nei casi in cui i collegi elettorali sono composti da cittadini con interessi comuni che devono scegliere il migliore rappresentante di tali interessi. Viceversa un sistema proporzionale è più indicato quando l’appartenenza principale degli elettori non è locale ma trasversale: quando cioè, per fare un esempio, gli operai torinesi si considerano più affini agli operai di altri luoghi che non ai torinesi non operai. Questo è quanto è comunemente accettato sia dalla dottrina che dal buon senso.
3. Poiché oggi gli interessi e le identificazioni politiche sono tipicamente non locali (dove per “locale” intendiamo la dimensione che avrebbe un tipico collegio uninominale, in Italia per la Camera circa 80.000 abitanti), ci aspettiamo che le democrazie moderne adottino in maggioranza sistemi proporzionali. E infatti e così. Un sistema maggioritario è adottato quasi solo nei paesi di tradizione anglosassone, in Francia (a doppio turno), in alcune ex-colonie francesi e in Bielorussia. In particolare tutti i paesi europei cosidetti di nuova democrazia hanno adottato un sistema proporzionale, tranne appunto la Bielorussia. Questo è un fatto.
4. Analogamente, gli studiosi di scienza della politica anglosassoni ritengono che il sistema elettorale migliore sia un sistema proporzionale corretto. Questo risulta da un’indagine condotta nel 2005 (cfr. Journal of Elections, Public Opinion and Parties, 15,1). Questo è un fatto, anche se va detto che il campione non è necessariamente rappresentativo, e che è possibile (ma improbabile) che gli orientamenti siano cambiati negli anni successivi..
5. Il premio di maggioranza è un’istituzione molto rara. Esso è adottato solo in Grecia, in Italia e a Malta, ma in questo caso solo se un partito ottiene la maggioranza assoluta dei voti ma non dei seggi.
- Si ritiene comunemente che i sistemi maggioritari consentano una maggiore governabilità, e i sistemi proporzionali una maggiore rappresentatività. Alcuni importanti studiosi, come Lijphart e Farrell, negano l’esistenza di questo trade-off, che in effetti nella letteratura scientifica non ha trovato verifiche empiriche soddisfacenti (cfr. Farrell, Electoral Systems, 2001). Questo è un fatto.
- Il motivo per cui si ritiene che i sistemi maggioritari consentano una maggiore governabilità è che esso sembra logico a livello di buon senso. Esso però si basa su un’assunzione che non è valida, e cioè che i partiti politici siano soggetti decisori unitari. Ma in un sistema maggioritario i partiti tendono a essere contenitori di correnti con interessi che possono essere anche molto diversi. E’ notevole che questa caratteristica si è andata accentuando negli ultimi anni, per cui è lecito supporre che la maggiore governabilità dei sistemi maggioritari negata negli anni 80 sia a maggior ragione assente oggi. La prima parte di quanto sopra è dato per ovvio, la seconda è una deduzione logica.
- A conferma di quanto sopra, una recente (2011) ricerca simulativa suggerisce che è sufficiente un peso limitato delle correnti perché la governabilità di un sistema maggioritario non sia superiore a quella di un sistema proporzionale (cfr. Representation, 47, 1). Questo è un risultato scientifico recente, opinabile ma per ora non opinato.
- Altre due ricerche recenti negano che i piccoli partiti di centro godano di un eccesso di potere. (cfr. Annals of Operation Research, maggio 2013, e la letteratura ivi citata). Il motivo teorico è che se un piccolo partito di centro gode di eccesso di potere, ne nasceranno altri, e in linea teorica il processo continuerà fino a che la rendita di potere non sarà interamente dissipata. La verifica empirica si basa, fra l’altro, sul fatto che in nessun governo di coalizione prodotto in Italia dal sistema proporzionale c’è stato un partito con meno del 10% dei voti che potesse togliere la maggioranza al governo uscendo dalla coalizione.
- In Italia il sistema elettorale tedesco gode di molta popolarità. Alcuni pensano che si tratti di un sistema misto: metà dei deputati è eletto con un sistema maggioritario e metà con un sistema proporzionale. In realtà è un sistema proporzionale con soglia di sbarramento: infatti il numero di deputati eletti da ciascun partito è fissato dalla quota di voti nella parte proporzionale, e il voto maggioritario assume il ruolo che altrove è esercitato dal voto di preferenza.
- Ben poca fiducia può essere concessa alla volontà di democrazia del Partito Democratico. Per quanto ciò sia triste, questo è un fatto. Che le cose stiano così è dimostrato dal referendum promosso (anche) da tale partito nel 2009: se avessero vinto i sì si sarebbe assegnato un premio tale da fare ottenere la maggioranza assoluta non alla coalizione ma al partito di maggioranza relativa, indipendentemente dalla percentuale di voti ottenuta. Un peggioramento rispetto alla legge Acerbo adottata nelle elezioni del 1924, che per l’assegnazione del premio di maggioranza richiedeva il raggiungimento del 25% dei voti.