I media (intesi come mezzi tecnici, che però fatalmente avranno dei gestori umani) nel progetto moderno di emancipazione appaiono come uno strumento fondamentale dell’autonomia degli individui rispetto ai diversi poteri costituiti. Al tempo stesso la corrente principale della modernità accetta l’idea dei mediatori sociali, dotati di poteri autonomi, come rappresentanza del potere del popolo. Ad essi si affiancano necessariamente gli insegnanti della scuola pubblica che rendono tutti i cittadini in grado di decifrare le informazioni e le conoscenze che i media veicolano.
Invece la tradizione marxista propone utopicamente l’eliminazione futura della mediazione politica (la progressiva estinzione dello Stato). Infine c’è una tradizione libertaria che rifiuta radicalmente il potere di tali mediatori (deputati, insegnanti, psichiatri…) in nome di un rapporto immediato tra gli individui, da attuarsi subito (dove ci si riesce): dall’anarchismo di Stirner alle versioni radicali del pensiero di Foucault, dell’antipsichiatria, della descolarizzazione della società, ecc.
Nell’era dei media elettronici, dalla tv in poi, si diffonde sempre più l’illusione dell’abolizione della mediazione umana grazie alla sua sostituzione con la mediazione tecnologica. Schematicamente, ce n’è una versione tecnologico-mercatistica di impronta neoliberale: l’idea è che l’autonomia individuale si possa raggiungere oggi attraverso la mediazione automatica del mercato e attraverso quella di Internet – che permetterebbe di realizzare un rapporto diretto, una specie di faccia a faccia virtuale, tra cittadini/individui/prosumer.
Ce n’è poi un’altra tecnologico-movimentistica: la concezione di fondo è simile, ma viene individuato nei poteri dello Stato, e/o delle istituzioni sovranazionali finanziarie o delle multinazionali un ostacolo autoritario alla trasparenza del mercato, alla liberalizzazione di Internet e alla liberazione degli individui; queste ultime possono realizzarsi solo attraverso la spinta del movimento (quello che è peculiare è che i nuovi movimenti si presentano – in fondo come quello del 68 delle origini – come assemblee o anche sciami di individui, che rifiutano le mediazioni organizzative e perfino la leadership).
Nel primo caso si tende a credere che competitività e conflitto economico tra individui, nella cornice del mercato, non siano mai nocivi; nel secondo caso la cooperazione tra individui viene vista come un dato spontaneo, immediato.
L’illusione riguardo alla Rete consiste nel negare o nel tendere a negare che in essa non ci sia un “montaggio”, un palinsesto, un meccanismo capace di produrre effetti non neutrali, che non ci sia opacità, e che il potere dei proprietari o dei gestori ultimi dei nuovi media non conti, oppure possa essere azzerato dagli hacker libertari. La Rete dunque, che mette in comunicazione i singoli come tali, sarebbe essenzialmente un medium individuale, non un “medium di massa”.
L’illusione dell’eliminazione dei mediatori in parte verrebbe a coincidere con le versioni recenti dell’antipolitica liberale radicale come speranza (illusoria) della riconquista dell’autonomia dell’individuo atomizzato come auto-imprenditore o “capitalista di se stesso”, attraverso l’eliminazione dello Stato Sociale fiscale e la sua riduzione a Stato Gendarme, o, nel caso del grillismo, della riconquista popolare del potere attraverso la rigenerazione della rappresentanza politica grazie alla tecnologia della Rete.
Quali sono i mediatori umani (dotati effettivamente di macro o micropotere e per questo avversati dalla cultura individualistica) che si vorrebbe neutralizzare o eliminare, e che invece svolgono funzioni per le quali non è facile, o non è possibile, trovare alternative funzionali in democrazia?
1) Sono prima di tutto i rappresentanti politici – indeboliti dall’evoluzione del postfordismo (come ha mostrato Revelli in “Finale di partito”), trasformati in showman dalla tv, divenuti volontariamente servi (ben pagati) del capitale finanziario globale. I movimenti libertari chiedono legittimamente la limitazione della loro autonomia attraverso il controllo (ma ha senso l’obbligo di mandato invocato da Grillo?) e procedure di democrazia partecipata/deliberativa (ma ha senso la dilatazione della democrazia referendaria, con l’adozione del referendum propositivo senza quorum?)
2) In secondo luogo ci sono quegli apparati di mediazione che sono (o erano) i partiti politici – anch’essi indeboliti dal postfordismo, dalla fine delle identità e della militanza, oberati dalle spese della propaganda elettorale mediatica, avviliti dalla leaderizzazione mediatizzata. Le richieste (legittime) sono la rifondazione telematica della comunicazione interna del partito e l’apertura della discussione verso l’esterno (come ha proposto Barca), ma hanno senso la loro abolizione completa (Grillo) o le primarie aperte per il segretario e per le cariche interne?
3) Ci sono poi i giornalisti in quanto mediatori di conoscenza – condizionati dalla tendenza neoliberista dei media mainstream globali e in Italia asserviti alla politica. Ma Internet porta nuove opportunità: blogger, citizenjournalism. I blogger di news però sono diventati (contro l’utopica abolizione del professionismo giornalistico) dei professionisti (che campano di pubblicità, che potenzialmente può condizionarli), e il citizenjournalism è fecondo nel contesto di associazioni, movimenti e partiti, non in quello di un dibattito atomizzato tra singoli.
4) Ci sono poi gli insegnanti pubblici, la cui figura è stata indebolita, prima ancora che da Internet, dalla tv, che può creare illusione di onnicompetenza tra i ragazzi, ma che soprattutto, con la sua potenza comunicativa e con la sua immediatezza informativa, rende tendenzialmente irrilevante il sapere scolastico (come è stato sostenuto, da autori così diversi come Postman e Morcellini), ma il loro ruolo è stato sminuito anche dall’ideologia liberista antistatalista, e inoltre è stato sabotato dai governi di destra; a ciò si aggiunge il fatto che sono sottopagati e hanno un’inadeguata preparazione e attrezzatura per il loro fondamentale compito di media education.
5) Bisogna considerare anche gli opinion leaders politici informali (militanti, ma anche semplicemente “cittadini competenti” e informati): la loro influenza è stata indebolita, tra l’altro, dalla tv, che ha dato alla “gente” l’illusione di essere competente. Probabilmente hanno riacquistato un ruolo significativo attraverso Internet, e gli studi sul M5S mostrano che hanno giocato un ruolo importante in esso, nonostante lo slogan per cui “uno vale uno”. Ma in che misura Internet è una piazza aperta di discussione, dove chi ha più argomenti (non chi dispone più di troll) vale di più? E in che misura i leader televisivi sono in grado di riversare efficacemente le loro risorse propagandistiche sui social network?
6) Infine hanno un micropotere come mediatori anche i genitori e gli adulti tutti, come generazione tramandante i valori sociali, che però hanno in gran parte rinunciato alla loro testimonianza sui valori nella formazione della cittadinanza, come hanno sottolineato psicanalisti come Pietropolli Charmet, Recalcati, Francesco Napolitano. Pietropolli una volta ha parlato della necessità di un’alleanza tra gli adulti che devono farsi carico dell’educazione dei minori (che è anche educazione alla vita sociale).
Dal punto di vista culturale e psicologico un fenomeno trasversale, che lega questi ambiti così diversi di dintermediazione, è quello dell’allentamento del legame sociale (in Italia anche dell’aumento dell’ostilità e diffidenza reciproche) ad opera di un nuovo individualismo narcisista, che è stato ben descritto decenni fa da Christopher Lasch e poi ripreso da Bauman: in esso confluiscono istanze libertarie alla Stirner e neoliberiste alla Hayek. La mancanza di fiducia e di legame porta le correnti più radicali all’illusione di sostituirle con mezzi tecnologici e/o con il mercato come procedura impersonale.
Ma la tendenza alla disintermediazione va ben oltre l’ambito della cultura e quello di nuovi mezzi elettronici: il testo ricordato di Revelli parte dalle tendenze della società e dell’economia postfordiste nel loro complesso. Anche De Rita e Bonomi recentemente hanno parlato dell’”eclissi della società di mezzo”: la tendenza alla verticalizzazione dei poteri e dei rapporti sociali, che deriva dall’economia globale, dalla multinazionalizzazione sempre più spinta del capitale e dalla sua finanziarizzazione, mette in questione i poteri statali, regionali e locali e anche tutte le rappresentanze sociali intermedie. L’Italia, che all’inizio aveva reagito meglio di altre nazioni all’outsourcing e alla delocalizzazione grazie allo sviluppo della piccola e media impresa, vede ormai stremati per la crisi i piccoli imprenditori. Sono in crisi le diverse rappresentanze intermedie – dell’industria, del commercio, dell’artigianato, dei lavoratori, del terzo settore, dell’associazionismo – che non hanno più di fronte interlocutori pubblici capaci di spesa e veramente autonomi dai poteri forti sovranazionali. Anche i nuovi partiti che, pur problematicamente, nella “seconda repubblica” avevano sostituito i vecchi partiti di appartenenza, sono ora sempre meno in grado di dare voce, di essere rappresentanza effettiva per i piccoli imprenditori e i ceti medi impoveriti. La democrazia, come dice anche Carlo Galli, era basata sulla medietà, sui ceti medi, su un certo equilibrio tra le classi che permetteva un’identità comune, che sono ora in crisi.
In questo numero verranno ripresi diversi dei temi della rappresentanza politica e della mediazione interna ai partiti con l’intervista a Carlo Galli (ma già nel n° 48 di Nuvole è comparso su questo tema un intervento di Galli); Federico Repetto li riprende mettendoli in rapporto con il paradosso della personalizzazione della politica che corrisponde alla sua massima mediatizzazione; Alessandra Algostino parlerà dei problemi attuali della rappresentanza sindacale e della perdita di capacità di intermediazione causata dai nuovi assetti contrattuali; Roberto Trinchero, studioso di educazione e di vecchi e nuovi media elettronici, parla delle mitologie e delle illusioni di Internet e del corretto metodo per raccogliere informazioni sulla rete; Graziella Priulla, studiosa di sociologia dell’educazione e di politiche scolastiche, fa il punto sullo stato della mediazione scolastica del sapere – che permette un esercizio più consapevole della cittadinanza. Speriamo di riprendere questa problematica in margine ai prossimi numeri.