di Roberto Trinchero
In God we trust; all others must bring data…
(frase comunemente attribuita a W. E. Deming, anche se non vi sono prove che ciò sia vero…)
Internet sviluppa o ottunde l’intelligenza? Dipende da come la si usa. La Rete consente di accedere a quantità sterminate di informazioni, aprendo tutta una serie di opportunità di conoscenza ma, contemporaneamente, ci può rendere più superficiali e meno critici nella selezione e nell’uso delle informazioni stesse, soprattutto se ci fermiamo alle prime fonti che ci capitano. Utilizzata come strumento per “non pensare”, Internet può essere un’ottima scorciatoia informativa e veicolo di una spettacolare propaganda. Utilizzata come strumento per “pensare”, Internet può essere un ottimo strumento per sviluppare la “ragione”, contrapposta all’“emozione” che della propaganda è un ingrediente-chiave. Nel presente articolo cercheremo di fornire una guida per il controllo dell’affidabilità delle risorse informative presenti in Rete. Questo controllo riguarda i fatti (fact checking[1]) ma ha un impatto rilevante anche sulla valutazione della bontà delle opinioni che su tali fatti si fondano. Ad esempio l’affermazione “Uscire dall’euro ci conviene” è indubbiamente un’opinione, ma diventa fondata solo se sostenuta da una base fattuale affidabile; in caso contrario è propaganda. Controllo dei fatti e valutazione delle opinioni sono quindi due elementi strettamente legati tra di loro.
1. Informazione o propaganda?
Come si riconosce la propaganda? Come si distingue un’onesta operazione di convincimento basata su dati fattuali affidabili da un’operazione manipolatoria, basata su dati falsi, parziali, distorti, inaffidabili? Anzitutto è necessario conoscere le forme che possono assumere i messaggi propagandistici. Edward Louis Bernays, teorico della propaganda del XX secolo, descrive nei saggi Crystallizing Public Opinion (1923) e Propaganda (1928) un insieme di strategie comunicative finalizzate alla propaganda, tra le quali:
- a) il ricorso alla paura: instillare paure vere o presunte nel pubblico, es. “Se vincono loro aumenteranno le tasse!”;
- b) il ricorso all’autorità: far sostenere una posizione da un soggetto comunemente ritenuto un’autorità in materia, es. “Il famoso esperto … ha detto che il riscaldamento globale è una grossa bufala, quindi perché dovremmo preoccuparci?”;
- c) l’effetto gregge: persuadere il pubblico a prendere una certa strada perché tutti lo fanno, es. “Ormai siamo il primo partito! La vittoria è inevitabile!”;
- d) l’ottenere disapprovazione: portare il pubblico a disapprovare un’idea o un’azione perché questa è popolare in gruppi odiati, temuti, ecc., es. “Io non faccio queste cose perché le fanno ‘i politici di professione’!”;
- e) le banalità scintillanti: slogan, frasi semplici e banali con un’intensa carica emotiva, ripetute ad nauseam, che consentono al pubblico di costruirsi delle opinioni apparentemente sensate senza dover impegnarsi in lunghi ragionamenti, es. “L’euro è la causa di tutti i nostri problemi!”;
- f) la razionalizzazione: trovare ragioni plausibili per giustificare azioni discutibili, es. “E’ vero, abbiamo fatto una guerra senza avere le prove di una reale minaccia, ma credevamo che …”;
- g) la vaghezza intenzionale: frasi vaghe e ambigue, dette per fare in modo che gli ascoltatori possano assegnare il significato per loro più favorevole, es. “I soldi ci sono, è che non si vogliono trovare!”;
- h) il transfer: proiettare qualità di un soggetto ad un altro, es. “Lui è come Hitler!”;
- i) l’ipersemplificazione: es. “Che ci vuole a tagliare le spese militari?”;
- l) la stereotipizzazione/etichettatura: es. “Loro sono il ‘partito delle tasse’!”;
- m) l’individuazione del capro espiatorio […]: “La colpa è tutta dell’Europa!”;
- n) la scelta obbligata: es. “Chi non è con noi è contro di noi!”;
- o) le mezze verità (con omissione delle verità sfavorevoli alla causa): es. “Durante il loro governo la spesa pubblica è cresciuta!”.
Tutti questi esempi vi ricordano qualcosa/qualcuno? Vi fanno venire in mente discorsi già sentiti da amici, venditori, pubblicitari, politici, intellettuali, “guru” mediatici? Non stupitevi. Queste strategie di “manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse” (così le chiama lo stesso Bernays) sono ampiamente studiate ed utilizzate, da anni, da soggetti che hanno come obiettivo l’acquisire consenso per le proprie idee (dai venditori di aspirapolvere porta a porta a comunicatori politico/mediatici che spaziano dall’estrema destra all’estrema sinistra, passando per tutti i possibili “centri” ed “antipolitiche”). Notate che tutti gli esempi illustrati nell’elenco precedente sono passibili di controllo con opportuni dati fattuali. Ma quante volte avete sentito citare dati precisi e controllabili nei dibattiti sui media?
Ovviamente non vi è nulla di male nell’avere opinioni personali anche del tutto slegate da dati fattuali e nel cercare di convincere gli altri della bontà di queste. Semplicemente un’opinione non supportata da fatti è debole, soggettiva, discutibile, facilmente confutabile da chi i fatti li conosce. Il problema sorge quando l’intento del propagandista è manipolatorio (ossia anche sapendo che le proprie opinioni non sono fondate, il persuasore le spaccia come “verità inconfutabili”, magari inventandosi di sana pianta fatti che le supportino) e l’interlocutore non dispone nell’immediato delle informazioni per il controllo. La situazione non cambia se il persuasore crede in quello che dice: al minimo è colpevole di omissione di controllo.
Il controllo dei fatti che supportano le opinioni non è naturalmente un’operazione semplice e scontata, in grado di dare risultati univoci e definitivi. Anzitutto è necessario trovare i dati su cui l’opinione si fonda e controllarne la veridicità. In secondo luogo è necessario accettare che gli stessi dati possano essere letti secondo molteplici prospettive, interpretati secondo teorie differenti, utilizzati per suffragare opinioni differenti. E’ poi necessario un controllo sul processo di ragionamento che fa passare dai dati alle opinioni che su di essi si fondano: se i fatti sono veri ma si individuano palesi fallacie nel ragionamento l’opinione è di per sé discutibile (quando non manipolatoria negli intenti). Il controllo deve poter essere condotto in un tempo ragionevole e con un limitato dispendio di risorse cognitive, tenendo anche presente che non è sempre possibile risalire al dato primario, ossia al fatto in se stesso, e quindi il giudizio deve basarsi anche su “buone” fonti secondarie che lo riportano. Ma come è possibile controllare la “bontà” delle fonti?
2. Una guida per il controllo dell’affidabilità dell’informazione in Rete
Iniziamo con lo sfatare un diffuso luogo comune. Avere una maggiore quantità di informazioni, grazie alla Rete, non significa automaticamente che queste siano di qualità più bassa, semmai il contrario: avere più informazione vuol dire aumentare la probabilità di avere anche informazione di alta qualità, oltre che informazione di bassa qualità. Sulla valutazione della qualità dell’informazione in Rete è in atto da anni un ampio dibattito[2]. Ciò che ci interessa nel presente articolo non è tanto la qualità della risorsa informativa tout court (che riguarda ad esempio anche l’ergonomia del sito su cui si trova), ma un suo aspetto particolare, l’affidabilità. Tale termine viene utilizzato in metodologia della ricerca empirica nelle scienze umane (Ais, 1998) per indicare la convinzione che i ricercatori sviluppano, sulla base di ogni genere di risultanze (teoriche ed empiriche), circa il grado di efficacia della loro capacità di trasformare fedelmente gli eventi del mondo in dati. L’affidabilità non va confusa con l’attendibilità, che riguarda invece la costanza dei risultati della rilevazione dei dati a parità di condizioni di rilevazione. Una risorsa Web affidabile è una risorsa in grado di dare una descrizione di realtà fedele alla realtà stessa, sia essa considerata in una prospettiva ontologica realista (realtà che esiste indipendentemente dall’osservatore) sia essa considerata in una prospettiva ontologica costruttivista (realtà come rappresentazione dell’osservatore). Estrapolando dagli studi sulla qualità delle risorse Web gli indicatori relativi all’affidabilità delle informazioni, otteniamo alcuni possibili criteri di valutazione, riassunti in Tabella 1 con le relative domande guida per l’applicazione.
Tab.1 – Criteri e domande guida per valutare l’affidabilità dell’informazione presente in una risorsa Web
Criterio | Domande guida |
1. Accuratezza | L’informazione è presentata in modo curato e ordinato? Sono specificate le fonti informative che l’autore ha utilizzato per la redazione dei contenuti? Sono da ritenersi affidabili? |
2. Aggiornamento | E’ presente la data di creazione e di aggiornamento delle informazioni presenti nel testo? Le fonti utilizzate sono aggiornate? |
3. Chiarezza | Il testo è comprensibile per il target a cui è rivolto? Sono presenti fonti di ambiguità? Il testo ha una organizzazione interna (es. titoli, divisione in paragrafi, termini chiave evidenziati) che ne migliora la comprensibilità? |
4. Coerenza esterna | I dati citati sono confermati dalle fonti da cui sono stati tratti? I fatti indicati nella risorsa sono confermati da altre fonti indipendenti da essa? Il processo di ragionamento che porta alle conclusioni dell’autore è confermato da altri autori da lui indipendenti? Il testo è pubblicato su un sito che prevede un controllo dell’informazione da parte di revisori esperti? |
5. Coerenza interna | Le informazioni presenti nella risorsa sono pertinenti con gli scopi dell’autore? La risorsa riporta affermazioni contraddittorie? Riporta inferenze errate o ragionamenti non logicamente sostenibili? |
6. Completezza | Le informazioni presentate descrivono in modo esauriente l’argomento? Mancano informazioni importanti in relazione all’argomento trattato? Il testo si limita ad una descrizione superficiale si interroga sui “perché” dei fatti? Vengono prese in considerazioni fonti informative differenti? |
7. Controllabilità | Le informazioni sono esposte in modo tale da essere controllabili? I fatti sono distinti dalle opinioni? |
8. Reputazione dell’autore e del sito | L’autore e/o il sito su cui è pubblicata la risorsa gode di buona reputazione? E’ qualificato per trattare dell’argomento? La risorsa è citata altrove? I selezionatori di informazione consigliano la lettura del materiale? Sono presenti forme di accreditamento dell’autore o del sito? L’autore ha affiliazioni occulte tali da poter configurare conflitti di interesse? Si configurano conflitti di interesse per l’autore e per il sito? |
9. Trasparenza | Viene specificato l’autore della risorsa o il responsabile dell’informazione sul sito? sono contattabili? L’autore dichiara le proprie affiliazioni? L’autore dichiara i propri scopi comunicativi? Il sito su cui la risorsa è pubblicata dichiara i propri scopi? Vengono dichiarati eventuali intenti commerciali e/o sponsorizzazioni? Vengono dichiarati i rapporti tra l’autore e le fonti di informazione? |
10. Valore aggiunto | La risorsa è pertinente con il dibattito a cui si riferisce? Viene incontro ai possibili bisogni informativi dei fruitori, aggiungendo qualcosa di cui i fruitori non erano in possesso prima? |
I criteri citati non sono indipendenti ma tra di loro interrelati, si richiamano l’un l’altro e mirano ad offrire una visione di insieme dell’affidabilità del materiale informativo trovato. Probabilmente non esistono risorse informative reali che li rispettino tutti. Essi costituiscono però una guida alla valutazione e alla formulazione di un giudizio complessivo, non definitivo né inemendabile ma comunque fondato su una base fattuale intersoggettivamente condivisibile. Vediamo un esempio. Nei giorni dal 16 al 21 marzo 2014 si tiene una consultazione che pone ai cittadini del Veneto il seguente quesito: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica federale indipendente e sovrana?”. E’ possibile votare ai gazebo, via telefono e attraverso il sito www.plebiscito.eu. Lo stesso sito pubblica il numero di voti validi: 2.360.235, pari al 63,23% degli aventi diritto al voto. Alle ultime elezioni regionali (28 marzo 2010) ha votato il 66,42% degli aventi diritto (fonte: elezionistorico.interno.it). Il risultato sarebbe di per sé eccezionale, se non fosse che secondo i dati di alcuni contatori indipendenti[3] che monitorano il traffico sui siti la media degli accessi quotidiana a www.plebiscito.eu è stata di 22,5 mila. Moltiplicando il dato per i sei giorni di voto online si arriva a 135 mila. Per raggiungere i 2.360.235 di voti dichiarati si sarebbero dovute segnalare lunghe code ai 500 gazebo messi in piedi dagli organizzatori (peraltro attivi solo nel week end, per ammissione stessa degli organizzatori) o allestire un call center in grado di gestire un numero enorme di chiamate telefoniche. In aggiunta, dall’analisi dei flussi Web risulta che un elettore su 10 si sarebbe collegato dal Cile e numerosi sarebbero gli accessi anche da Germania, Spagna e Serbia. La risorsa informativa messa a disposizione dal sito www.plebiscito.eu ha quindi un problema di coerenza esterna (requisito 4). Cercando in Rete le risposte a tali obiezioni di affidabilità, i fautori della correttezza di tale informazione forniscono risposte generiche e scarsamente circostanziate (requisito 3, chiarezza), o deviano il focus dell’attenzione con argomentazioni non pertinenti riguardanti le fonti della critica (requisito 10, valore aggiunto). A suffragio della scarsa affidabilità del numero di votanti vi è anche il fatto che è molto semplice generare false identità on-line (vi sono siti appositi, si veda ad esempio www.fakenamegenerator.com), con tanto di email usa e getta. Proprio questa facilità nel creare false identità in Rete (e il fatto che molti cittadini più anziani non padroneggiano adeguatamente gli strumenti Web, e quindi sono automaticamente esclusi da tali possibilità di espressione) dovrebbe mettere in guardia contro la scarsa rappresentatività dei dati ottenuti in consultazioni on line: in molti casi l’affidabilità potrebbe essere quella di un sondaggio malcondotto.
3. Conclusioni: triangolazione sistematica e cultura della verifica
Proprio come uno scienziato nell’atto di produrre un sapere sistematico e controllato, chi utilizza l’informazione Web dovrebbe adottare “in piccolo” una prospettiva di controllo scientifico delle informazioni fornite, riportando i fatti rilevanti che supportano le proprie opinioni e la catena di ragionamento adottata, in modo che le opinioni stesse diventino controllabili attraverso procedure di triangolazione (vale a dire osservazione dello stesso fenomeno da punti di vista differenti e controllo della congruenza di quanto osservato). A rendere maggiormente affidabile l’informazione può contribuire infatti la pluralità di a) fonti informative indipendenti, b) osservatori, c) metodi di rilevazione, d) teorie con cui si “leggono” i fenomeni.
Il controllo sistematico di notevoli quantità di informazione è ovviamente un’operazione che richiede un grosso investimento di tempo ed impegno. A tal proposito, la logica del cloud computing apre nuove ed interessanti possibilità per il fact checking sistematico. Gruppi organizzati di utenti di social network possono suddividersi le informazioni da controllare (anche in base alle proprie competenze specifiche), passarle al vaglio utilizzando un sistema di riferimento unico che renda cumulabili gli esiti del controllo (ad esempio la guida di Tabella 1), e pubblicarne un resoconto in Rete, in modo da renderli disponibili ad altri navigatori. Tali resoconti possono a loro volta essere sottoposti ad ulteriori operazioni di controllo.
Sul piano educativo, un fact checking sistematico e distribuito dovrebbe accompagnarsi alla costruzione e diffusione di una cultura della verifica, ossia un habitus conoscitivo che preveda una sistematica sospensione del giudizio personale fino a che non si abbiano sufficienti informazioni affidabili per formularlo. La cultura della verifica mira a spezzare la prevalenza dell’emozione sulla ragione, elemento chiave della propaganda, ed è l’esatto contrario della cultura del sospetto. La cultura del sospetto nasce laddove non sussiste trasparenza o dove non vi è possibilità di controllo. Chi è in grado di controllare se quanto dicono Tepco o il governo giapponese sul livello di radioattività attorno a Fukushima sia affidabile? Se mancano le possibilità di controllo è normale che si possano diffondere voci infondate, dato che né la fonte ufficiale né quelle non ufficiali potranno essere triangolate. Meno normale è che alle voci non ufficiali venga data la stessa affidabilità che hanno le fonti ufficiali, senza preoccuparsi di sottoporle a controllo. Vi possono essere casi in cui opera un pregiudizio verso la fonte ufficiale: dice sempre il falso, mentre la controinformazione è vera “a prescindere”. La cultura della verifica impone che tutte le informazioni vengano sottoposte a controllo, senza pregiudizi o distorsioni ideologiche. Essa combatte la cultura del sospetto chiedendo sistematicamente a tutte le fonti (ufficiali e non) di rispettare requisiti di trasparenza, controllabilità, coerenza, lealtà informativa e disponibilità al confronto, ed in tal senso rappresenta un elemento chiave della cittadinanza attiva, il miglior antidoto contro la manipolazione propagandistica.
La cultura della verifica non nasce dal nulla e non si improvvisa. Essa richiede un’adeguata formazione, a partire fin dai primissimi livelli scolastici. Leggere non vuole solo dire decodificare simboli grafici, ma anche – e soprattutto – assegnare significati. Quindi assegnare un significato affidabile alle informazioni esperite, in Rete o meno, dovrebbe essere un elemento chiave della competenza di “lettura” che la scuola mira a costruire nei ragazzi, ma questo richiede necessariamente competenze riguardanti il saper trovare le informazioni che servono quando servono e il saperle triangolare in modo opportuno.
Tutti questi esempi ci mostrano come la Rete racchiuda in sé le potenzialità per consentire ai giovani di avvicinarsi al modello di “cittadini pensanti” o di “sudditi della propaganda”. Sta a noi adulti educarli ad un uso dello strumento che produca reale emancipazione ed autonomia di pensiero, costruendo opportuni anticorpi contro tutti i manipolatori, da qualsiasi parte essi provengano.
Bibliografia
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[1] Tra i siti che si occupano di fact checking segnaliamo: FactCheck.org, FlackCheck.org, FullFact.org, PolitiFact.com, Snopes.com, The Fact Checker of Washington Post e l’app Washington Post Truth Teller. Tra le esperienze italiane: Attivissimo.net, FactChecking.CivicLinks.it, LaVoce.info, La Macchina della Verità de La Stampa, PagellaPolitica.it, Politicometro.it.
[2] Si vedano ad esempio Knight, Burn (2005), Metzger (2007), Metzger et al. (2010).
[3] In particolare Trafficestimate.com, Calcustat.com , Semrush.com, Alexa.com.